La mappina: origini e usanze

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mappina

 

Cos’è la “mappina”? L’origine di questo termine risale alla lingua latina, precisamente a măppa (maschile) che significa tovaglia o tovagliolo. Nell’Antica Roma era un panno usato durante i banchetti sia a mo’ di tovagliolo sia come contenitore per portare via gli avanzi. La mappina identificava anche una sorta di carta igienica in bagno o la lavetta per pulire i piedi posta all’ingresso della casa.

A ogni modo, essa era un panno di cui servirsi quotidianamente, da sporcare sino a quando non si fosse rovinato e fosse stato buttato via. Ancor oggi, nel Sud Italia, è lo strofinaccio di cotone o spugna per la pulizia della cucina, con cui asciugare i piatti, pulirsi le mani e talvolta raccogliere le briciole o assorbire gocce di acqua sul piano di lavoro.

E mentre in Campania il significato di mappina identifica anche la persona spregevole e la donna poco seria, nelle altre regioni fa da padrone il concetto di strofinaccio. Nelle cucine salentine, per esempio, riecheggia spesso la frase: “Pija la mappina e jutame cu stusciu li piatti” (in italiano: “Prendi uno strofinaccio ed aiutami ad asciugare i piatti”). A Bari, invece, “u mappin” è lo schiaffo, con cui ha in comune probabilmente il movimento ondulatorio.

Le mappine sono colorate, con stampe di varie fantasie e quasi sempre rettangolari. Alcuni le preferiscono in cotone, altri in spugna. Troneggiano appese al muro, ai pomelli o alla maniglia del forno (specialmente quando lo si usa, per sfruttarne il calore e asciugarle velocemente). Un accessorio fondamentale, immancabile, eterno.